In Dermatologia, il prurito è un sintomo importante, corredo quasi obbligatorio della maggior parte delle malattie cutanee.
Qualche volta si manifesta in modo apparentemente autonomo, non in risposta ad alterazioni evidenti sulla pelle, ed è quello che per antica definizione chiamiamo “sine materia”, cioè senza malattia cutanea (quando cerco di spiegarlo al paziente, io lo definisco come un sintomo “sulla” pelle, e non “della” pelle: la cute può rispondere cioè come organo bersaglio, e non perché protagonista della malattia).
Le alterazioni cutanee, in questi casi, si verificano soltanto per il grattamento, e sono escoriazioni lineari, graffi, crosticine ematiche… fino a vere e proprie abrasioni.
Le persone che ne soffrono, qualunque ne sia la causa, possono esserne veramente tormentate, e sono spesso incomprese. Quando, da leggero e innocuo impulso che si quieta piacevolmente con un passaggio delle dita, il prurito si fa invece progressivamente pervicace, irriducibile, disturba il sonno, e altera anche i rapporti sociali e conviviali (non si può grattarsi davanti ad altri!) allora diventa motivo di sofferenza che altera profondamente la qualità della vita. E le persone che si grattano vengono spesso mal tollerate anche dai loro cari, è difficile che non vengano continuamente esortate a star ferme, a smetterla di toccarsi (come se fosse facile!… )
Ma questo è un vasto e inquietante capitolo, sul quale torneremo, per capirne motivi, percorsi e possibili soluzioni
Adesso consideriamo invece una delle cause più banali, comuni – e direi quasi rassicuranti – di un prurito occasionale e ben motivato: quello da punture di insetto. Ne abbiamo fatto esperienza tutti, sappiamo bene cos’è un pomfo da puntura di zanzara, anche se nel linguaggio comune raramente viene usato il termine pomfo, le persone parlano di bolle per descrivere l’esito di un incontro ravvicinato con i nostri agguerriti nemici ronzanti. Ma le cose si complicano, e ogni consapevolezza salta, se al posto delle zanzare ci sono altri aggressori: e capita molto spesso che le persone non correlino le loro lesioni pruriginose all’attacco di alcuni insidiosi e pressoché invisibili nemici.
L’obiezione più frequente da parte dei pazienti, infatti, è che non è possibile che siano gli insetti a provocare le loro lesioni, perché non li hanno visti.
Dimenticando che molti animali – e gli insetti in particolare – hanno affinato per milioni di anni una tecnica di sopravvivenza che si avvale soprattutto del mimetismo: confondersi con l’ambiente, passare inosservati, sembrare inanimati è una strategia vincente per non soccombere. E aggiungiamo anche che la maggior parte di noi umani non osserva molto i particolari, e spesso guarda senza vedere.


Visto subito, il bruchetto equilibrista sul gambo della foglia?
E qui, un paio di giorni dopo, ancora più difficile, a ponte sospeso: colore e calibro sono veramente indistinguibili dai gambi dei ciclamini.


Non credo che il bruco di cui sopra possa mai rappresentare un pericolo, per noi: tutt’al più gli avremo sacrificato qualche foglia dei nostri bei fiori, perché il suo ciclo vitale si compia fino a diventare farfalla.
Volevo solo ribadire il concetto che può capitare di non riconoscere, di non “vedere” un possibile corpo estraneo; a maggior ragione questo accade se si tratta di parassiti minuscoli, al limite del visibile, e specialisti nella tecnica del mordi e fuggi, come certi acari.
Quando un distretto cutaneo si copre di puntini rossi, molto pruriginosi e fastidiosi, chi ne è colpito tende a responsabilizzare prima di tutto qualche alimento, o qualche farmaco: ma se abbiamo fatto una gita in campagna, o almeno una passeggiata all’aperto, prendiamo in considerazione anche la possibilità di un incontro ravvicinato con qualche altro ospite del pianeta…
Perché insisto su questo tema?
Perché è veramente frequente il rifiuto di questa diagnosi, mi è capitato più volte di doverne discutere con pazienti che non ammettono un meccanismo di azione così banale, e chiedono spiegazioni, e il nome e la qualifica del nemico, e restano increduli
Gli acari sono spesso di dimensioni veramente ridotte, quasi puntiformi. Hanno il loro bravo nome latino, talvolta divertente come un diminutivo disneyano (Cheyletiella, Trombicula…), a volte altisonante come Dermanyssus gallinae seu avium, Pediculoides ventricosus…
Un’eruzione da punture – o morsi – di insetto può essere veramente fastidiosa, ma è pur sempre un evento occasionale, non rappresenta una malattia, è rapidamente curabile. Nelle nostre zone – mi riferisco a Veneto e dintorni – in genere non c’è comunemente il rischio di incappare in aggressioni pericolose o mortali, durante le escursioni.

E d’altra parte, va ricordato che del tutto tutelati non siamo neanche tra le mura domestiche: al di là delle ben note zanzare, compresa la “new entry” zanzara tigre (Aedes albopictus), e di qualche occasionale passaggio di vespe e calabroni, per tornare al capitolo dei nemici poco visibili ricordiamo che ci sono ancora le pulci, e non così rare.
Si, le pulci, questi insetti di 2-4 mm, senza ali, ma di grandi virtù acrobatiche, capaci di spiccare salti incredibili: ci sono ancora, e se possono incontrarci banchettano allegramente su di noi, nella loro varietà che è stata battezzata Pulex irritans o pulci umane. Siamo così comodi, e accessibili, abbiamo cute morbida e sottile, e non siamo rivestiti di squame, peli, setole come tanti altri animali; si e no qualche leggero indumento, e lenzuola appoggiate, non aderenti. Certo, nelle nostre case moderne abbiamo preso la deplorevole abitudine di render loro la vita difficile, lavandoci spesso, e usando uno strumento di morte come l’aspirapolvere.
Ma possiamo anche venire attaccati dalle pulci dei cani e dei gatti, che, pur essendosi ambientate bene sui nostri amici a quattro zampe, non disdegnano – come seconda scelta – di cibarsi anche di noi.

Le punture, anzi: è più corretto parlare di morsi, vengono in genere inflitti su zone limitate, a gruppi.
Non sono pericolose, certamente è ormai solo un ricordo teorico che, in caso di epidemie di peste, potrebbero trasmettere la Yersinia pestis.
La terapia è semplice: un impacco fresco, una crema cortisonica, una pasta lenitiva a base di Ossido di Zinco… e in pochi giorni la cute ritrova la sua serenità. Naturalmente, se l’infestazione riguarda la casa e i nostri animali, si può procedere con una bonifica ambientale, ma senza drammi e senza realizzare interventi drastici: va bene ricorrere all’aspirapolvere insistendo nei posti meno accessibili, e se necessario usare i comuni insetticidi, con tutte le attenzioni relative alla loro possibile tossicità.
Nessun allarmismo, quindi, ma mettiamo in conto anche questo tipo di possibili incontri, nella nostra vita quotidiana.