E’ un problema attuale, molto sentito: un neo, piccola macchia scura della pelle, può presentare evoluzione maligna e dare origine a uno dei tumori più invasivi e mortali che conosciamo, il melanoma.
I nei (o nevi) melanocitari possono essere presenti in qualunque parte della nostra superficie, anche nell’occhio, o sotto le unghie, e sulle mucose del cavo orale e dei genitali;
possono essere congeniti, cioè presenti fin dalla nascita, o comparire più tardi, per tutta la vita, anche se in realtà nell’anziano sono le cheratosi ad affacciarsi più o meno numerose, tanto antiestetiche quanto innocenti.
I nei sono formazioni pigmentarie che tutti conoscono, è estremamente raro non averne neppure uno, mentre è di frequente riscontro la presenza di numerosi elementi, disseminati senza ordine, e a dimensioni variabili, del diametro da un millimetro a più centimetri.
E non sono certo manifestazioni nuove, per gli esseri umani, però hanno progressivamente perduto la loro aura di innocenza, finiti i tempi in cui venivano gentilmente definiti “nei di bellezza”, e a volte erano artificialmente disegnati, sul volto, come un messaggio di attrazione e richiamo: adesso sono invece diventati motivo di attenzione, spesso di allarme, costituiscono il segnale di un possibile rischio e quindi vanno esaminati, controllati, inquadrati e monitorati…
Certamente i nei molto chiari non inquietano nessuno, le lentiggini e le efelidi non destano preoccupazioni, è il colore nero che deve farsi notare.
E ci sono poi dei nei che presentano variazioni particolari e che non passano inosservati, ad esempio il neo con alone chiaro, una formazione pigmentaria che improvvisamente si circonda di un alone bianco

E’ il neo con alone, o halo noevus, o leucoderma centrifugo acquisito, o vitiligine perinevica… (quante definizioni, per la stessa patologia! È uno dei sovraccarichi mnemonici più pesanti, da quando si è studenti e via via per sempre, negli anni…) ma forse, a livello internazionale, è ormai universalmente noto come “nevo di Sutton”, dal nome del dermatologo americano Richard Sutton che per primo lo descrisse, nel 1916.
Non nuovo sulla scena, dunque, ma – a proposito dei tanti nomi – sembra che sarebbe corretto chiamarlo neo o nevo di Grünewald, per l’antica descrizione pittorica, risalente ai primi anni del 1500, ad opera appunto del pittore Mathias Grünenwald: nel suo terrificante “La tentazione di Sant’Antonio”, fra le creature demoniache che tentano il povero Santo, egli rappresenta infatti un braccio, che si avvolge intorno ad un mantello, e che appare costellato di numerosi nei con alone bianco

E comunque, con tutta la sua storia antica, il nevo con alone non è dei più allarmanti, va controllato nel contesto globale della pelle, ma non richiede nessuna terapia. Da ricordare e da segnalare che quell’alone chiaro intorno al neo finirà spesso con l’eliminare il neo stesso, e che si tratta di una zona estremamente delicata nei confronti della luce solare, non ha più melanina, si ustiona facilmente.
Nell’ambito delle varie procedure finalizzate alla prevenzione delle patologie – ed è un concetto sacrosanto, ormai universalmente accettato, che “prevenire è meglio che curare” – è entrata quindi anche la visita dermatologica per il controllo dei nei, e un piccolo strumento che aiuta molto il dermatologo, in questo controllo, è il dermoscopio o dermatoscopio

Osservare la pelle – e in particolare i nei – sotto questa lente di ingrandimento, direttamente o attraverso un velo sottile di olio, è veramente di grande aiuto diagnostico. Nella maggior parte dei casi, questo procedimento è completo ed esaustivo. Ma se invece si vuole approfondire l’indagine, perché qualche elemento è dubbio o sospetto, si può procedere alla videomicroscopia in epiluminescenza, che è quindi un perfezionamento di esame, un ulteriore accertamento, che si fa in seconda battuta: viene utilizzata una telecamera con ingrandimenti da 20x fino a 200x, collegata ad un computer, e si può procedere all’osservazione non solo del neo ingrandito, ma anche della sua struttura e organizzazione
Questa osservazione a colori è possibile grazie alla tecnica dell’epiluminescenza, che consente l’eliminazione dei raggi riflessi prodotti dalla luce della telecamera. Si può dire che la videodermatoscopia è più simile ad un’ecografia che non alla semplice osservazione con una lente di ingrandimento.
Il collegamento della telecamera ad un computer consente l’osservazione sul monitor. Le immagini possono essere archiviate, e poi richiamate a distanza di tempo nel corso di successivi controlli.
Una terminologia praticamente equivalente alla videodermatoscopia, ma che è entrata molto rapidamente nell’uso quotidiano, e viene usata spesso (anche a sproposito…) è la mappatura dei nei.
Una mappa è la rappresentazione grafica di una zona di terreno. Tutti noi abbiamo nei ricordi di infanzia, dai racconti di avventura, una mappa del tesoro; e conosciamo la realtà delle mappe catastali che inquadrano e ingabbiano le proprietà di terreni e fabbricati… Ma una mappa della pelle?
E una mappatura, poi?
In biologia esiste la definizione di mappatura genetica, la rappresentazione schematica dei geni su un cromosoma;
e di qui si è passati alla definizione di mappatura dei nei, quella che si costruisce registrando in computer le immagini dei nei di una persona, sia fotografiche che dermatoscopiche.
Come già detto, le immagini dermatoscopiche si rilevano con una apposita telecamera che si appoggia su un neo per cogliervi dettagli non visibili a occhio nudo, e serve per poter capire se uno o più nei, nel tempo, cambiano aspetto e diventano pericolosi, in modo da asportarli e prevenire quindi la loro degenerazione in melanoma:
è un’indagine che è – e deve essere – mirata su nei atipici o quantomeno dubbi, non ha senso applicarla genericamente a tappeto, su tutte le persone
E come si fa a capire se un neo è “atipico”?
Guardandolo, osservandolo, in base all’esperienza. Ma abbiamo anche delle linee-guida, abbiamo dei dati generali rilevati da statistiche serie e collaudate, che ci aiutano a capire e a interpretare.
Un sistema noto per interpretare i segnali di allarme è il cosiddetto
SISTEMA A B C D E
- A = asimmetria della lesione (un neo incomincia a crescere in modo sbilanciato, cambiando forma e profilo)
- B = bordi irregolari, frastagliati
- C = colore irregolare, con prevalenza del nero
- D = dimensioni in aumento, che superano i 5 mm di diametro
- E = evoluzione: modificazioni in dimensioni, forma e colore, come sopra descritto, in un breve lasso di tempo (6 – 8 mesi)
Questi sono i punti chiave per cogliere la trasformazione maligna, e vanno naturalmente studiati e interpretati caso per caso, ma direi che il più importante, quello da cui si deve iniziare, è proprio l’ultimo: è l’evoluzione di un neo che può darci l’idea che qualcosa sta cambiando, e non in meglio, a maggior ragione se è un neo di recente comparsa, in età adulta, dopo i 40 anni, che in pochi mesi sta cambiando forma, dimensioni e colore
Impariamo quindi a osservarci, a osservare la pelle, nostra e dei nostri cari, con la dovuta attenzione ma senza inutili allarmismi.
Nella mia esperienza professionale, per esempio, mi è capitato spesso di vedere persone accorse a farsi visitare urgentemente, spaventate perché un neo si era rotto e sanguinava: ma se un neo è sporgente, e viene traumatizzato da una grattata o da una cintura o da una cinghia, non deve far scandalo che sanguini… D’accordo, è una ferita su una zona delicata, a volte si infiamma in modo drammatico, ma è pur sempre una lesione che ha avuto una causa naturale ed è tranquillamente curabile. Di solito si tratta di nei che nelle vecchie classificazioni erano indicati come “ nei tuberosi benigni”, e quest’ultimo è proprio un bell’aggettivo rasserenante. Un trauma occasionale non farà diventare maligni quei nei.
Dobbiamo comunque abituarci all’idea di far verificare la situazione dei nostri mosaici cutanei, periodicamente, perché quei nevi melanocitari restino sempre “di bellezza” e, se perdono la retta via dell’ordine architetturale cellulare, possano venir colti sul fatto dall’inizio, ed eliminati.