QUALCHE CONSIGLIO DI MANUTENZIONE
Quando la pelle sta bene, si gestisce praticamente da sola e non ha bisogno di nulla: per tenerla in ordine bastano la semplice detersione quotidiana e un minimo di accuratezza, sia pure con tutte le varianti, però, che ognuno di noi ritiene utili – o addirittura indispensabili – per abbellirla, ornarla, dipingerla.
Fin dalla preistoria gli umani hanno infatti applicato sostanze sulla cute, avendo ben presto compreso che gli oli e i grassi potevano ammorbidirla, e che molti vegetali e minerali potevano essere usati per colorarla e decorarla. Non sempre la sperimentazione è andata bene, certamente qualcuno ha pagato letteralmente sulla propria pelle qualche errore di valutazione, e questo è servito agli altri per evitarlo. E in fondo, nonostante tutte le variabili legate al trascorrere dei millenni e ai cambiamenti delle abitudini di vita, siamo ancora inclini a queste scelte, e spesso privilegiamo l’uso delle sostanze naturali rispetto a quelle più sofisticate che le moderne tecnologie ci offrono. Entrambe le tipologie possono funzionare, soprattutto se, e quando, come detto sopra, la pelle sta bene.
I famaci galenici, o preparazioni galeniche, quelli cioè che il farmacista prepara direttamente, devono il loro nome a Galeno, medico dell’antica Grecia, nato a Pergamo nel 129 d.C. e morto a Roma intorno al 200, e sono ancora presenti nel nostro armamentario terapeutico. Certamente abbiamo lasciato perdere le fumigazioni di calce per certi pruriti, e l’unguento mercuriale usato fin dal Medioevo per le pediculosi e per la lebbra e promosso poi, dal 1500, a medicamento di elezione per la terapia della sifilide;
e credo che a nessuno più verrebbe in mente, per amor di cure naturali, di ricorrere all’“unguento della madre superiora”, a base di sugna di porco, grasso di montone, cera gialla, mercurio e pece nera, considerato insuperabile, nel 1600, per ristrutturare una cute secca e squamosa.
Potrebbe essere invece considerato con fiducia e simpatia il “cerato di Galeno” a base di cera d’api, olio di mandorle, acqua di rose, e in effetti è tutt’ora usato, se pure con aggiunte e varianti migliorative, come base di molte “cold creams” .

Anche l’erboristeria, il curarsi “con le erbe” sia dentro che fuori, intus et in cute, ha sempre trovato molti sostenitori, e forse ai tempi nostri è più attuale che mai, è una procedura che gode di grande stima e fiducia. Si ritiene che un prodotto naturale sia più affine a noi, e possa solo giovare alla nostra salute
ma… attenzione! mai sentito parlare di allergia ai pollini? E sì che i pollini sono proprio naturali, e vegetali!
Veleni universalmente noti come il curaro e la stricnina sono di origine vegetale;
Strychnos nux vomica (noce vomica)
la marijuana si estrae da una pianta, e così pure la cocaina…
Erythroxilum coca
Ma, con le dovute attenzioni, possiamo ancora curarci anche con erbe e fiori
Per esempio, se avete delle verruche ribelli alle terapie tradizionali, ricorrete pure con fiducia alle toccature con il latice di Celidonia: funziona! Lentamente, e solo su verruche non troppo spesse e coriacee, ma funziona! Non provoca danni, se non una modesta alterazione estetica transitoria: infatti vi colorerà la cute di giallo, nei punti di applicazione, ma non è una colorazione permanente, si attenua e sparisce insieme alle verruche, senza lasciare cicatrici.

Chelidonium majus (Celidonia)
E con quest’ultima nota siamo già passati a considerare la manutenzione della pelle non più soltanto “per bellezza”, (quando la pelle sta bene, come detto all’inizio) ma anche se si manifestano problemi: dalla fisiologia alla patologia, quindi, ed è qui che dobbiamo prestare maggior attenzione.
Quando, per qualche motivo, la cute perde la sua integrità, e si altera, si ammala, e manifesta la sua sofferenza con segnali oggettivi come l’arrossamento, il gonfiore o la comparsa di vescicole, pustole, ulcerazioni; e con segnali soggettivi come il prurito, il bruciore, il dolore… è allora che la scelta delle sostanze da applicare su questo terreno infido deve essere più che mai prudente e consapevole.
E possono essere validi sia i preparati galenici che i nuovi farmaci di sintesi per uso cutaneo, purché se ne conoscano uso e funzioni
Sembra una battuta, ma non lo è: infatti, una buona parte delle patologie cutanee è coltivata, peggiorata o cronicizzata dall’uso di sostanze non adatte.
Senza ricorrere a un trattato di terapia dermatologica, incominciamo semplicemente a ricordare le nozioni di base che ci devono guidare nella scelta di un prodotto da applicare sulla cute in generale e su quella alterata in particolare:
Una pomata ? Una crema? Una lozione?…
Pomata o unguento
Siamo tutti molto affezionati al termine “pomata”, ma è meglio ricordare subito che la “pomata” non esiste più. Il nome è passato indenne da un secolo all’altro, ma non si usano più i pomi come base delle preparazioni grasse, per renderle più morbide, spalmabili, gradevoli; il nome corretto, usato anche dalle farmacopee straniere, è unguento.
Ed ecco un primo, semplice consiglio di ordinaria manutenzione cutanea:
un unguento sarà utile su cute sana e secca, o su cute alterata da lesioni secche e ipercheratosiche
se la pelle si è infiammata, e appare addirittura essudante, un unguento la blocca, la occlude, e quindi non va bene, peggiora il disturbo
Crema
Nome comune crema, ma è corretto parlare di emulsione, cioè un sistema di sostanze non solubili l’una nell’altra (tipicamente acqua e olio): un’emulsione molto fluida è detta latte, e quando è densa si chiama crema.
Le emulsioni acqua in olio A/O sono note in cosmesi come “cold creams” , e la più antica è certamente quella nominata prima: il “ceratum humidum Galeni” (cera bianca g 12, olio di mandorle g 50, acqua di rose g 37,5)
Sono usate come creme indifferenti o come veicolo di principi attivi su lesioni cutanee anche essudanti, e in cosmetologia sono le creme nutrienti o da notte.
Le emulsioni olio in acqua O/A sono evanescenti, “asciutte”, e costituiscono le cosiddette “creme da giorno”; da sole, possono essere usate come idratanti e protettive, ma possono fungere da veicolo per principi attivi contro funghi e batteri.
Soluzioni, lozioni, tinture (medicamenti liquidi)
Hanno una azione di tipo superficiale (rinfrescante, lenitiva, antipruriginosa, antiessudante…). Le soluzioni, in particolare, si usano per toccature, spugnature, impacchi, ed è proprio a proposito degli impacchi che mi è venuta l’idea di proporre queste note di manutenzione, perché ho riscontrato che la maggior parte delle persone non sa cosa significa un impacco.
E’ stata una nozione universalmente nota, quasi casalinga, per generazioni. Faceva parte delle conoscenze di base, fra le norme del pronto soccorso familiare, naturalmente affidato alle donne di casa, e tutte sapevano come e quando: ai giorni nostri, invece, quando lo propongo, vedo che molti pazienti restano disorientati
gli impacchi sono indicati nelle dermatiti eritemato-edematose, cioè su cute rossa, infiammata, a volte anche vescicolosa: questo disturbo può verificarsi in modo acuto e improvviso – particolarmente nel clima caldo-umido – e spesso proprio nelle zone più delicate, a livello delle pieghe cutanee (palpebre, collo, ascelle, inguine);
per ridurre l’infiammazione cutanea, si applicano sulla superficie malata le compresse di garze, imbevute – ma non grondanti! – della soluzione prescelta, con effetto rinfrescante e decongestionante.
La più semplice e usata è la soluzione fisiologica (soluzione acquosa di cloruro di sodio allo 0,9%) ma è molto noto anche l’acido borico, in soluzione acquosa al 3%: non irritante, ha una blanda azione antisettica e antimicotica, è adatto anche a zone delicate come le palpebre.
E soprattutto, se trattate una lesione sconosciuta con un impacco del tipo ora descritto, male che vada non otterrete un gran risultato, ma non provocherete alterazioni fuorvianti, resterà possibile una diagnosi clinica da parte di chi la vedrà in un secondo tempo.
Quindi, per la “manutenzione” della pelle, in salute e in malattia, nel bene e nel male… sempre le stesse regole: PRIMO NON NUOCERE, muoversi con prudenza e con rispetto, conoscere e applicare le moderne risorse delle tecniche farmaceutiche più avanzate, ma non dimenticare – quando servono – le vecchie strategie della nonna.