Chi sa osservare il cielo stellato, può riconoscere, fra le costellazioni, una “chioma” di stelle di quarta e quinta magnitudine, detta appunto Chioma di Berenice, nota già agli antichi greci.

(Straordinaria la fantasia degli antichi astronomi, capace di correlare ogni disegno stellare a una figura, ad un’immagine reale o mitologica…)

Bootes_LI

Le Chioma di Berenice, a sinistra di Boote, nell’illustrazione di Jan Heweliusz , astronomo polacco (1611 – 1687) con nome latinizzato in Johannes Hevelius

 

Berenice, principessa di Cirene, nel 246 d.C. andò sposa a Tolomeo III Evergete re d’Egitto ma, pochi mesi dopo le nozze, lo sposo dovette partire per la guerra:

in ansia per la sorte dell’amato, Berenice fece voto ad Afrodite di donarle i suoi bellissimi capelli se egli fosse tornato sano e salvo. Così accadde, lo sposo tornò sano e salvo, e Berenice riconoscente mantenne il suo voto, tagliò la splendida chioma e la depositò sull’altare della dea…

Ma nella notte la chioma sparì:

così prezioso quel dono, e così gradito agli dei, che subito venne assunto in cielo e diventò una nuova costellazione, Coma Berenices.

E ancora oggi noi possiamo ammirarla sulla volta celeste, dalle parti dell’Orsa Maggiore, non lontana dal Leone: è una delle 88 costellazioni moderne.

 

I CAPELLI

Sono, per definizione, annessi cutanei, con i peli e le unghie. E, come tutto ciò che appare sulla nostra superficie, il loro aspetto ha un forte impatto,  correlato all’estetica, alle mode e alle variazioni dei tempi e dei costumi.

La leggenda sulla Chioma di Berenice sopra riportata vuole infatti fare riferimento all’estrema importanza che gli umani, da sempre, attribuiscono agli annessi piliferi, e in particolare alla chioma femminile, vissuta come elemento di attrazione da esibire, ostentare, proporre come richiamo o, viceversa, nascondere al mondo estraneo (vedi regole islamiche) per riservarne la visione solo agli intimi.

Ma importanti i capelli anche al maschile, simbolo di forza (ricordiamo il giudice biblico Sansone) e di giovanile prestanza: e del resto, come affermava l’etologo britannico  Desmond Morris nel suo celebre testo “La scimmia nuda” (1968),

125110439-c332973f-73c8-42e2-bd73-30e1ab2a0238

la prima caratteristica distintiva degli umani è stata la presenza della capigliatura.

I capelli sono stati – e sono – ampiamente studiati nella loro anatomia, istologia e fisiopatologia, e si conoscono sempre meglio le loro caratteristiche strutturali.

Sono costituiti principalmente da una proteina solida, la cheratina, composta dagli aminoacidi lisina e cistina, e contengono acqua, lipidi, oligoelementi nonché un ‘altra proteina solida, la melanina, responsabile del colore.

Si formano già nel quarto mese di vita fetale, sotto forma di lanugine.

La quantità di follicoli presenti alla nascita è geneticamente predeterminata. Il numero dei capelli è mediamente intorno a 100.000

I capelli hanno una lunghezza variabile, che raramente raggiunge il metro; crescono circa 1 cm al mese e, come le unghie e la barba, continuano a crescere per tutta la vita.

Ogni follicolo è sottoposto a 10-30 cicli riproduttivi nella sua vita. Il ciclo è costituito dalla successione di tre fasi (vita, morte, caduta)

  • Anagen
  • Catagen
  • Telogen

L’anagen dura 2-8 anni, il catagen dura 4-6 settimane, e il telogen 2-3 mesi.

Negli umani non esiste sincronizzazione delle varie fasi, per cui si rileva una perdita continua insieme a un continuo rinnovamento: la caduta fisiologica  giornaliera dei capelli si valuta intorno ai 30 – 100 elementi.

 

I tentativi di controllare vita, crescita e… morte dei capelli stanno sempre più assumendo i contorni di speranze realizzabili.

Si sono concretizzate molte nuove terapie, e soprattutto in questi ultimi anni si è visto che, accanto a un proliferare di rimedi fasulli e di proposte ciarlatane anti-calvizie, qualcosa di serio, e di scientificamente provato, esiste: certo, il limite di queste terapie è che il risultato è strettamente farmaco-dipendente.

I capelli sono capaci di ricrescere (si, anche quelli maschili, quelli che si miniaturizzano e… scompaiono, a causa dell’alopecia androgenetica!) ma il trattamento – al di fuori del ristretto settore chirurgico, con l’evento unico dell’autotrapianto – è inevitabilmente continuo. Il risultato è legato alla cura stessa: la sospendi, e i capelli tornano alle loro condizioni basali, non imparano a sopravvivere senza il sostegno artificialmente indotto.

Come talvolta accade nella storia della medicina, alcuni rimedi efficaci per i problemi dei capelli sono stati identificati occasionalmente: negli anni ’80 del secolo scorso, ad esempio, si stava usando un farmaco anti-ipertensivo (Loniten) e si osservò che un effetto secondario non previsto era una gran crescita di peli e di capelli. Si pensò allora di sfruttare questo effetto secondario formulando un prodotto per uso esterno, una soluzione di minoxidil  al 2% da applicare due volte al dì, in piccola quantità (1 ml) direttamente sul cuoio capelluto, per contrastare l’alopecia androgenetica, soprattutto maschile.

Il minoxidil è ancora molto utilizzato, anche nella concentrazione al 5%, è efficace e ben tollerato, anche se in qualche caso può dare sensibilizzazione cutanea e determinare una risposta allergica (e se compaiono irritazione e  prurito, inevitabilmente si arriva alla sospensione del farmaco… ).

Con la finasteride, il minoxidil è attualmente l’unico farmaco approvato dalla FDA * per la cura dell’alopecia androgenetica.

La finasteride inibisce l’enzima responsabile della conversione del testosterone in diidrotestosterone (DHT), ed era stata introdotta negli Stati Uniti con il nome di Proscar (finasteride in compresse da 5 mg) nel 1992, per il trattamento dell’ ipertrofia prostatica;

il DHT è anche il maggior responsabile dell’atrofia del follicolo pilifero nei capelli degli uomini: bloccare il DHT significa quindi bloccare il processo di caduta dei capelli, e nel 1997 veniva registrato il Propecia  (Finasteride in compresse da 1 mg) per il trattamento dell’alopecia androgenetica maschile.

——————-

* La FDA, Food and Drug Administration (Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali) è l’Ente governativo statunitense per la regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici

 

 

QUALITÀ DEI CAPELLI

Forma, spessore, densità, colore

Lisci o riccioluti, più o meno grossi oppure sottili e setosi, appesi al cuoio capelluto come spaghetti o fluenti in morbida massa compatta… tutto conta nell’estetica dei capelli, ma consideriamo ora anche  quel dettaglio fondamentale che è il colore: abbiamo già visto che è legato alla presenza della melanina, un pigmento la cui formazione appare già nell’embrione, e  che può essere la eumelanina, scura, presente nei capelli neri

images (2)

 

e la feomelanina, chiara, dei capelli rossi o biondi

images (1)

Miscelandosi, le due diverse melanine producono almeno 14 sfumature di colore.

Ma poi, ineluttabilmente, con l’avanzare dell’età, il colore scompare: l’incanutimento è un processo fisiologico, che mediamente ha inizio nel quarto decennio di vita, con molte variabili. E, anche se si conoscono casi di incanutimento in età giovanile, i capelli bianchi sono correlati  all’idea della vecchiaia (e della fine! come sospirava il Leopardi:  “… questo morir, questo supremo scolorar del sembiante”)

Evento che non risparmia nessuno, prima o poi, nemmeno i diavoli nell’Inferno dantesco:  “un vecchio, bianco per antico pelo…”

Un vecchio, bianco per antico pelo, Gridando «Guai a voi, anime prave.

 

La produzione di melanina è legata alle fasi di crescita del capello: è massima durante la crescita (anagen), diminuisce fino alla sospensione nei passaggi di catagen e telogen, e poi riparte nella nuova fase anagen.

Ma perché i capelli imbiancano?

Varie ipotesi e teorie si sono succedute negli anni, non tutto è completamente chiaro, ma oggi sappiamo che l’evento determinante è la perdita di melanociti (le cellule della melanina) nel follicolo pilifero.

L’incanutimento avviene nell’arco di circa 1 cm di crescita, quindi i melanociti spariscono da quella unità pilare nel volgere di poche settimane.

E’ stato inoltre dimostrato da un gruppo di ricercatori che i follicoli piliferi possono produrre piccole quantità di perossido di idrogeno (si, l’acqua ossigenata!) che si fissa sul fusto dei capelli, portando a una  loro graduale perdita di colore.

 

E comunque, per quanto sappiamo, lungo tutta la storia dell’umanità non si è mai rinunciato a cambiare il colore dei capelli, soprattutto di quelli bianchi, e soprattutto da parte delle donne: anche a costo di usare sostanze tossiche o lesive, o impiastri insopportabili.

Nel nostro tempo, la colorazione dei capelli ha certamente raggiunto grandi risultati sia sull’effetto cosmetico, per l’aspetto più morbido, naturale, lucente; sia sul versante del rischio allergo-tossico, che è stato progressivamente ridotto.

capelli_tinte.610x400

E’ diventata una prassi facilmente realizzabile e molto diffusa, anche se il mantenimento del colore artificiale comporta pur sempre un impegno di tempo e di denaro: soprattutto può diventare assillante la sorveglianza della ricrescita dei capelli bianchi (così antiestetico, quel bordo chiaro che si affaccia ineluttabilmente sul cuoio capelluto, sgradita aureola rivelatrice… )

 

Ecco allora che una recente novità sul tema della pigmentazione dei capelli può acquistare un significato speciale, ottimistico, rassicurante: è stata infatti identificata una sostanza capace di interagire con questo complesso meccanismo, potenziando la ripresa del colore naturale “da dentro”, non come colorazione esterna. Si tratta di una cheratina idrolizzata, ricavata dalla lana di pecora e opportunamente elaborata, classificata come  integratore alimentare: si assume per bocca, e viene quindi assorbita per aggiungersi alle sostanze nutritizie che normalmente ci aiutano a mantenere la funzionalità delle nostre strutture.

E ci sono inoltre anche recenti proposte di tipo cosmetico sulla possibilità di ottenere un ritorno di colore agendo direttamente sui bulbi piliferi, alla radice dei capelli, con spray che contengono sostanze prive di pigmenti ma formulate per contrastare l’incanutimento…

Forse non sarà possibile riportare in questo modo la chioma argentea della nonna all’antico splendore corvino o ai riccioli d’oro della sua giovinezza, ma certamente si può prendere atto di  questa opportunità  e scoprire cosa può darci, pur con tutti i suoi limiti.

Siamo d’accordo, non è la scoperta di un farmaco salvavita: eppure la si può vedere egualmente come una conquista, perché testimonia un po’ quella che è la tendenza tipica di molti esseri umani, quell’andar contro le cose che sembrano immutabili e non modificabili. Il progresso vive di rendita sui problemi già risolti ma cresce affrontando l’impossibile e dimostrando che tale non era.

Quindi non andremo a riprenderci la chioma di Berenice, la lasceremo là, fra le altre stelle, in tutto il suo remoto fulgore, per sempre:

ma abbiamo scoperto di avere qualche  possibilità in più, per la vita e la bellezza dei nostri capelli, qui e ora.

 

 

Lascia un commento