Ovvero

 Sintomatologia cutanea in corso di CoViD-19

(Corona Virus Disease 2019)

 

Aprile 2020, sto scrivendo mentre siamo in piena pandemia di  CoViD-19.

La malattia si è ormai manifestata in tutto il mondo:  ancora in crescita in alcuni Paesi, ha iniziato a regredire nelle zone in cui aveva esordito e, lungi dall’essere sotto controllo e ben conosciuta, incomincia però a dare alcuni segni clinici meglio identificabili, lascia riconoscere una sua fisionomia con altri sintomi, al di là di quelli respiratori che l’hanno fatta inquadrare tra le SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome, sindrome respiratoria acuta grave).

Tra gli altri, anche sintomi cutanei.

Fra i primi a notarli e a segnalarli sono stati in particolare i pediatri, e meglio ancora i dermatologi pediatri: infatti, mentre abbiamo potuto constatare – fortunatamente, e con grande sollievo – che la popolazione infantile sembra essere pressoché risparmiata da questo flagello, sempre più frequenti sono state le segnalazioni di lesioni cutanee localizzate alle estremità proprio nei bambini, nell’arco di questi ultimi tre mesi. L’aspetto delle lesioni ricorda le perniosi,  i comuni geloni, quelli che vedevamo più spesso in passato, e che sono di solito correlati al clima freddo e alla scarsa protezione con indumenti adatti: ma quest’anno abbiamo avuto un inverno poco rigido, in media, e certamente i nostri bambini hanno a disposizione indumenti adatti ai climi anche più inclementi. Si è trattato, in genere, di bambini asintomatici per CoViD-19.  I geloni colpiscono prevalentemente le estremità, compaiono come papule rosse, o addirittura con bolle emorragiche, dolenti, con bruciore-prurito: sono correlati a una forma di vasculite, la lesione si affaccia sull’epidermide ma si realizza a livello dei capillari, si tratta essenzialmente di una patologia vascolare.

Geloni               IMG_20200424_0004 (3)

Anche in alcuni adulti con CoViD-19  conclamata sono comparsi quadri dermatologici sia a tipo di geloni che diversamente variegati, dalle orticarie alle eruzioni vescicolari diffuse.

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E siccome ci sono recenti evidenze che nella CoViD-19 il danno può essere anche e soprattutto vascolare, con progressive microtrombosi che, nella peggiore evoluzione, arrivano progressivamente a bloccare la funzionalità di cuore e polmoni, ecco quindi che i segnali di tipo vasculitico sulla pelle potrebbero essere un sintomo che ci aiuta nella diagnosi precoce e quindi a interventi terapeutici subito mirati.

 

 

CRONISTORIA DI UNA MALATTIA NUOVA

Alla fine dell’anno 2019,  la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei, notificava all’Organizzazione Mondiale della Sanità l’insorgenza di alcuni casi di polmonite

 

Wuhan Municipal Health Commission

武汉市卫健委关于当前我市肺炎疫情的情况通报

发布机构: 武汉市卫生健康委员会  | 发布时间: 2019-12-31 13:38:05  |  点击数: 527235 |  字号: 大 中 小…

“… sono stati segnalati almeno 41 casi confermati e una persona, già con gravi condizioni patologiche di base, è deceduta.

Le prove sono altamente suggestive che l’epidemia sia collegata a un mercato del pesce, di cui è stata ordinata la chiusura dal 1 ° gennaio 2020. Le persone infette avevano infatti lavorato lì, o erano clienti abituali.

I pazienti hanno spesso riferito febbre e alcuni hanno avuto difficoltà a respirare. Nelle radiografie del torace, gli infiltrati polmonari erano presenti in entrambi i polmoni

Al momento, l‘OMS non sta raccomandando restrizioni sui viaggi …”

 

Era il 31 dicembre, si chiudeva l’anno 2019, e si apriva una pagina di storia difficile e nuova per tutto il pianeta

Responsabile dell’epidemia era un nuovo Corona Virus,  che veniva isolato dalle autorità sanitarie cinesi il 7 gennaio 2020, dopo numerosi test di laboratorio su tutti i casi sospetti, identificati attraverso la ricerca attiva e la revisione retrospettiva.

Esclusi altri patogeni respiratori come influenza, influenza aviaria, adenovirus, sindrome da coronavirus acuta grave (SARS-CoV), sindrome da coronavirus del Medio Oriente (MERS-CoV), il nuovo Corona Virus veniva denominato SARS-CoV-2,  con il numero 2 per distinguerlo dal responsabile della già nota SARS, epidemia del 2002 – 2003.

La malattia veniva ufficialmente indicata come CoViD-19 (Corona Virus Disease 2019), malattia da Corona Virus del 2019.

Sicuramente è iniziata come zoonosi, cioè come patologia trasmessa dall’animale all’uomo: il virus ha compiuto “un salto di specie”, si è ambientato benissimo nei nuovi ospiti, e ha continuato il suo viaggio negli umani: dopo un sommesso esordio, non distinguibile inizialmente da altre forme di influenza, avrebbe poi dimostrato rapidamente un’alta contagiosità e una aggressiva capacità lesiva multiorgano, con esito spesso mortale.

Dopo i primi, iniziali dubbi sulle modalità di contagio (solo da animale a uomo?), la trasmissione da persona a persona veniva confermata il 20 gennaio 2020 a Guangdong, in Cina, da Zhong Nanshan, capo del gruppo della commissione sanitaria che indagava sulla pandemia e accertava che il contagio avviene attraverso le mucose di occhi, naso, bocca, da malato a sano.

Ritrovarono così  nuova fama le ben note “goccioline di Flügge”, già descritte più di un secolo fa dal Professor  Carl Georg Friedrich Wilhelm Flügge,

Carl_Flügge_c1906titolare della cattedra di Igiene all’Università di Berlino dal 1909 al 1923, che aveva effettuato ricerche sulla diffusione dei microrganismi della cavità orale tramite tosse e sternuto – ma anche con il semplice parlarsi di fronte – ed aveva scoperto che le microgocce di saliva,  rimanendo sospese nell’aria, formano una sorta di aerosol capace di veicolare agenti infettivi di numerose malattie. Aveva quindi dato una notevole spinta anche all’adozione delle mascherine igieniche nelle operazioni di chirurgia.

 

Adesso però, con la prevalenza della terminologia inglese, le “goccioline di Flügge” si chiamano droplets. Anche in italiano.

La malattia da SARS-CoV-2 si manifesta con la sintomatologia tipica della comune influenza: malessere generale, febbre, mal di gola… e poi però, nell’arco di una-due settimane, invece di migliorare può complicarsi con difficoltà respiratoria, talvolta anche alterazione della voce, perdita dell’olfatto e del gusto.

La tosse diventa assillante, irriducibile. I pazienti sono prostrati soprattutto dalla mancanza di fiato, non respirano, l’oppressione toracica diventa invalidante, angosciante. La fame d’aria opprime e dà un senso di morte imminente, e spaventa chi ne soffre e chi vi assiste. Si deve somministrare Ossigeno, diventa necessaria la respirazione assistita, i pazienti vanno in rianimazione, in ventilazione forzata…  molti non ne usciranno più.

 

L’intervento dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità

Abbiamo visto come l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia avuto qualche incertezza iniziale, nel prendere atto della nuova malattia.

Nel mese di gennaio 2020 c’era stata la tendenza a soprassedere sul riconoscimento di una potenziale emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, e si dovette arrivare al 30 gennaio del 2020 perché il Direttore Generale dell’OMS dichiarasse pubblicamente, richiamandosi al Regolamento Sanitario Internazionale del 2005, l’ufficialità della pandemia da nuovo Corona Virus: tutti i paesi del mondo hanno dovuto allora prendere atto della circolazione – di fatto – del SARS CoV-2.

Il 31 gennaio 2020 il Governo Italiano ha quindi dichiarato lo Stato di emergenza per sei mesi, stanziato i primi fondi e nominato un Commissario straordinario per l’emergenza stessa.

E si sarebbe poi visto che proprio l’Italia sarebbe stato uno dei paesi europei più precocemente e più pesantemente colpito dal diffondersi della malattia.

 

Il Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) era stato stilato nel 2005, proprio per poter gestire gli eventuali casi di infezione o di contaminazione a rischio di diffusione internazionale, garantendo la sicurezza contro tale diffusione, con la minima interferenza possibile sul commercio e sui movimenti internazionali.

Istituito dopo l’epidemia di SARS del 2002-2003, l’Ente  ha riconosciuto da allora  sei emergenze di sanità pubblica di rilevanza  internazionale:

  1.  2009 pandemia influenzale da virus H1N1
  2.  2014 riemergenza del Polio Virus
  3.  2014 epidemia da virus Ebola in Africa Occidentale
  4.  2018 epidemia da virus Zika in America Latina
  5.  2019 epidemia da virus Ebola nella Repubblica Democratica del Congo
  6.  2020 epidemia da nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) in Cina

 

Tutte emergenze sanitarie a patogenesi virale!

Ma che cos’è, un virus? Il nome deriva dal latino, significa semplicemente veleno.

Un nome semplice, asciutto, e soltanto singolare: anche se alcuni Autori, soprattutto anglosassoni, ne usano il plurale “vira”, oppure, decisamente all’ inglese, “viruses”

(E anche quelle malefiche procedure informatiche  che inquinano e fanno saltare i programmi nei computer si sono guadagnate l’appellativo di “virus” e addirittura – forse quando sono molteplici?… – il plurale “virii”).

 

I virus sono tutti parassiti endocellulari obbligati, cioè possono vivere e replicarsi solo dentro una cellula.

Possono attaccare tutte le specie viventi:   batteri, funghi, piante e animali.

Il termine è stato introdotto in medicina verso la fine del XIX secolo per indicare dei microrganismi patogeni più piccoli dei batteri, definiti “virus filtrabili” per la loro capacità di passare attraverso i filtri di ceramica (le candele di caolino).

Le dimensioni di una particella virale si misurano in nanometri (nm).

(Credo che per molti di noi sia piuttosto difficile immaginare entità di misura inferiori a 1 millimetro. Ebbene, un nanometro è 1 milionesimo di millimetro.)

I virus spaziano da 20 nm  a 400 nm.

Il nostro tristemente attuale SARS-CoV-2  ha un diametro di circa 50 – 200 nanometri. Il suo genoma è costituito da una singola elica di Acido RiboNucleico (RNA).

Considerare le dimensioni dei virus può aiutare alla comprensione dell’iniziale diatriba sull’utilità o meno delle mascherine, che ha contrassegnato l’esordio della pandemia e le relative manovre di tutela nel nostro Paese. Infatti, da un punto di vista scientifico, a rigor di logica verrebbe da affermare che una mascherina chirurgica non serve proprio a nulla: si tratta di virus filtrabili, passano!

mascherina chirurgicaMascherine

Poi però si capisce che le mascherine sono utili perché disturbano e interrompono il flusso delle famose “goccioline di Flügge” o droplets che dir si voglia, fermano lo scorrimento di aerosol inquinante in uscita da un contagiato: la carica virale, quando presente, si abbatte, perde la corsa, degrada e non contagia altri individui.  Il che, allo stato attuale delle conoscenze, è già una discreta arma di difesa.

Trattandosi di una malattia nuova, ma con precedenti analoghi nell’ambito delle epidemie influenzali, le principali misure di controllo sono basate sull’interruzione della catena di contagio, quindi distanziamento sociale, isolamento (quarantena) dei casi accertati e sospetti, adozione di mezzi di protezione individuale.

 

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Mezzi di protezione individuale per gli addetti ai lavori: un medico ai tempi della peste, e il personale sanitario ai tempi del Corona Virus

 

Dopo i primi provvedimenti e tutte le incertezze iniziali, tra superficiale indifferenza, fatalismo, negazionismo e speranze…  nel mese di febbraio 2020 ci si rende conto – mi riferisco in particolare all’Italia – che l’epidemia avanza e quindi, con il Decreto Legge 23/02/2020 n. 6, si sanciscono le

    Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19

I vari articoli danno indicazioni sui comportamenti individuali da adottare (osservare una scrupolosa igiene, lavandosi spesso le mani e disinfettando gli ambienti, mantenere la distanza di almeno un metro e mezzo fra persone), ed elencano le misure di polizia sanitaria che riguardano la chiusura dei luoghi pubblici, dalle scuole ai teatri agli stadi e comunque le manifestazioni di convegno, vietano gli spostamenti non indispensabili, e sanciscono  “la misura della quarantena con  sorveglianza attiva agli individui che  hanno  avuto  contatti  stretti  con  casi confermati di malattia infettiva diffusiva”.

La quarantena è una procedura di antica fama: il nome è veneziano, deriva da quarantina (di giorni), non perché i 40 giorni di isolamento fossero sempre rigidamente osservati (potevano essere anche due settimane, o poco più) ma perché fin dall’antichità il numero quaranta esprimeva un potere magico di astinenza e di garanzia della risoluzione dei problemi. E veneziano è stato anche il provvedimento di stabilire un luogo di isolamento, che veniva imposto agli equipaggi delle navi come misura di prevenzione contro le malattie che imperversavano nel XIV secolo, fra cui la peste:

Lazzaretto-Vecchio-Isolario-veneto-di-Antonio-Visentini-Sec.-XVIII.

a  Venezia fu fondato  il primo lazzaretto, nel 1403, sulla piccola isola di Santa Maria di Nazareth, contigua alla città, che già dal secolo precedente – abitata allora dai Padri Eremitani – dava approdo e ricovero ai pellegrini che andavano e tornavano dalla Terra Santa

Sembra che il termine lazzaretto derivi proprio dalla chiesa di Santa Maria di Nazareth, da cui  Nazzaretto e infine Lazzaretto,  con riferimento al nome del patrono degli appestati, San Lazzaro.  Nel corso delle epidemie di peste, tristemente famose e ciclicamente ricorrenti, le popolazioni di allora venivano letteralmente decimate. Si era compreso che una possibile difesa era appunto quella di prevenirne la diffusione, con l’isolamento dei sospetti e, a maggior ragione, dei contagiati, ed era anche incoraggiata, dalle autorità sanitarie di allora, la pratica della denuncia anonima, per trovare quelli che, già colpiti dal morbo, si nascondevano in casa proprio per non finire al Lazzaretto

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Venezia, Fondamenta delle Zattere, ai Gesuati: l’antica “bocca” per le denunce di contagio nel Sestiere di Dorsoduro

Dalle antiche cronache, in realtà pare che la prima idea di lazzaretto sia stata realizzata già dal 1377 a Ragusa, l’attuale Dubrovnik. La Serenissima seguirà trent’anni dopo.

260px-Platz_in_Dubrovnik           Il Palazzo del Rettore, sede della massima carica dell’antica Repubblica di Ragusa, repubblica marinara esistita dal X secolo al 1808. Il suo territorio fa oggi parte della Croazia e in minima parte del Montenegro  e della Bosnia ed Erzegovina

 

Tornando ai tempi nostri e alla epidemia di Covid-19 in Italia, l’8 marzo 2020 veniva emanato un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con

Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19

 

In pratica, abbiamo dovuto richiuderci in casa, e restare il più possibile isolati. Cambiare le nostre abitudini. Rinunciare a ogni idea di socialità, di incontri, di uscite in libertà.

I nostri più antichi progenitori uscendo dalle caverne potevano incontrare un dinosauro, e morirne…  Per noi oggi il dinosauro è il contatto con i nostri simili, il rischio è lì. E se non ci ammaliamo e non ne moriamo, possiamo però a nostra volta diventare veicolo di contagio e trasmettere la malattia ad altri. Perciò andiamo in pubblico solo bardati con mascherina chirurgica e guanti!

Non è certo rassicurante e incoraggiante, mantenere equilibrio e serenità richiede uno sforzo notevole. Ma dovremo continuare a reggere questo sforzo, impareremo a convivere anche con questo nuovo nemico, che sarà sempre meno nuovo, e che conosceremo sempre meglio. Superati i primi momenti di incertezza e disorientamento, abbiamo già terapie che funzionano, e c’è un gran fervore di ricerca, in tutto il mondo, con fior di scienziati che hanno raccolto la sfida e lavorano con metodo, tenacia, capacità di rendimento.

Ne usciremo. Come sempre.

E  ci sarà sempre  qualcuno che potrà raccontare ai suoi figli, o ai nipoti:

“Eh si, mi ricordo, pensa che abbiamo avuto una pandemia virale che arrivava dalla Cina, e nessuno sapeva come curarla, e ci son stati dei morti, e abbiamo avuto paura… ma poi è finita. E siamo qua”.

 

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Treviso, Le Cupole del Duomo

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