reazioni della pelle, i nuovi vaccini, … e qualche nota storica sulle vaccinazioni

E’ ormai passato un anno da quando si è affacciata sull’intero pianeta, progressiva e ineluttabile, questa “nuova” malattia: la Malattia da Corona Virus 2019, CoViD (Corona Virus Disease)-19

E siamo ancora qui a parlarne e a viverla. L’abbiamo inizialmente anche negata, o  misconosciuta. Poi abbiamo sperato in un suo rapido, transitorio, effimero passaggio: così non è stato, e adesso dobbiamo discutere di prima, seconda e terza ondata… Più recentemente, anche delle sue mutazioni, con la comparsa e la rapida diffusione delle varianti c.d. inglese, sudafricana, brasiliana e altre ancora.

Nel frattempo, però, la malattia è stata studiata, in tutto il mondo,  con molta serietà e capacità di indagini e di approfondimento. ( Anche con molte chiacchiere superficiali, a dire il vero,  e con tanti pseudoscienziati che si sono arrampicati sul carro dei ricercatori effettivi… ma questo fa parte del comportamento umano). Tutti i possibili organi bersaglio del virus SARS-CoV2 sono stati esaminati, ogni sintomo è stato rilevato e segnalato: si è avuto così conferma, dopo le segnalazioni iniziali, di quanto anche la pelle possa accusarne l’impatto e reagire, manifestando tutto un suo corredo di sintomi.

   Le reazioni cutanee

Le prime segnalazioni, già in febbraio-marzo 2020, erano state relative a fenomeni di vasculite e alla comparsa di lesioni cutanee periferiche a tipo di geloni.         

Un tempestivo e accurato studio è stato fin da subito avviato dalla Università di Milano, a cura del Professor Marzano, Direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia, e le prime conclusioni, su 200 pazienti in tutta Italia, hanno permesso di identificare almeno 6  quadri:

  1. Eruzioni orticarioidi
  2. Eruzione morbilliforme diffusa
  3. Eruzione vescicolosa a tipo di varicella
  4. Lesioni tipo geloni
  5. Livedo reticularis, a tipo di ecchimosi
  6. Vasculite, con possibili ulcere agli arti inferiori

Come si vede, una discreta panoramica sintomatologica. 

Altre segnalazioni sono state poi, nel tempo, processate e scartate perché aspecifiche: ad esempio, una accentuata secchezza della pelle (che si può ragionevolmente ascrivere alle eccessive manovre di lavaggio ed igienizzazione), certe forme di dermatite da contatto, soprattutto alle mani (correlate all’uso ripetuto di gel antisettici). Per contro, molto suggestiva anche se aneddotica, la segnalazione di miglioramento, in corso di Covid-19, di pregresse malattie cutanee croniche: viene segnalato il caso di un paziente di 56 aa., ricoverato per Covid-19 all’Ospedale Militare Celio di Roma, che mostra un subitaneo alleggerimento sintomatico della sua grave psoriasi palmoplantare.  L’ipotesi interpretativa è che, nella tempesta citochinica indotta dall’infezione virale, una via infiammatoria abbia spiazzato l’altra, una specie di concorrenza nel contendersi lo spazio disponibile. In questo caso, la malattia nuova ha attenuato, se non spento, la preesistente.

In origine, un evento simile era stato descritto in pazienti con alopecia areata e psoriasi, che presentavano la ricrescita dei capelli nelle lesioni psoriasiche.

Quasi un fenomeno di Köbner inverso, e quindi denominato fenomeno di Renbök (1991,Happle et al.)

   Fenomeno di “ Köbner”:  Heinrich Köbner (1838 – 1904), dermatologo dell’Università di Breslavia, noto per le sue ricerche sulla psoriasi, aveva descritto questa particolare reazione cutanea, reazione isomorfa, per cui un trauma risveglia sulla pelle indenne le stesse manifestazioni della dermatosi presente in altre zone (ma a volte anche prima che la malattia stessa si sia manifestata!). Così, un graffio su pelle sana di un malato psoriasico risveglia la psoriasi sul tragitto del graffio stesso.

           e fenomeno “Renbök” : è l’ortografia inversa di Köbner, in caso appunto di risposta inversa

La ricerca di un vaccino

Fin dal primo insorgere della malattia, si sono naturalmente avviate le grandi ricerche su terapia e prevenzione, e si sono letteralmente bruciate le tappe nel programmare e allestire dei vaccini funzionali, affidabili, efficaci: ci vogliono anni, per mettere a punto un farmaco o un nuovo vaccino, e soprattutto per collaudarne l’affidabilità e la sicurezza, per sorvegliarne gli effetti a distanza. Ma qui non c’era tempo, l’emergenza si faceva via via sempre più drammatica: e i vaccini anti-Covid sono arrivati, e sono già in uso, in tutto il mondo.

…e qualche nota storica sulla vaccinazione

Ma cosa sono, i vaccini?

vaccini sono sostanze che contengono quantità inattivate o indebolite dei germi responsabili della malattia che si vuole scongiurare:

iniettati nel nostro organismo, producono una risposta immunitaria, attivano cioè gli anticorpi capaci di riconoscere e neutralizzare quegli stessi germi ogni volta che li incontreranno.

Idea antica, quella di cercare di prevenire il male preparando il corpo a riconoscere il nemico: una possibile strategia vincente era sembrata quella del mitridatismo (dal nome di  Mitridate VI Eupatore, re del Ponto nel I secolo a.C., che sarebbe diventato resistente all’azione dei veleni, ingerendone dosi minime ma progressivamente crescenti, e salvandosi così dall’ avvelenamento, modalità di eliminazione che pareva essere diventata una prassi comune nella sua famiglia…).

Moneta di Mitridate VI Eupatore

Il mitridatismo si verifica soprattutto se il veleno viene assunto per via orale, ed è dovuto a un aumentato processo di smaltimento o a un diminuito assorbimento intestinale.  Non funziona con tutti i veleni, la sua efficacia dipende dal tipo di tossina; inoltre, può portare all’accumulo di sostanze tossiche nell’organismo

In pratica, sono pochi gli usi che ha oggi il mitridatismo, però può essere efficace negli studiosi e operatori zoologici che lavorano con animali velenosi come scorpioni e serpenti: è stato infatti testato con successo in Australia e Brasile, garantendo resistenza ai morsi ripetuti di cobra e crotali. Si tratta di un meccanismo connesso a modificazioni locali indotte dal veleno stesso negli organi in cui viene assorbito: ben diverso quindi dalla assuefazione, che è invece un processo di adattamento di tutto l’organismo nei confronti di una sostanza, più o meno tossica, progressivamente tollerata anche a dosi elevate per una aumentata capacità di metabolizzarla (classico esempio, la morfina).

Un autorevole conforto alla tesi dell’innocuità e utilità delle dosi minime era poi stato ribadito, circa cinque secoli dopo Mitridate, con l’affermazione:

Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit.  Dosis sola facit, ut venenum non sit

(Tutto è veleno: non esiste nulla senza veleno. Solo la dose fa, che veleno non sia

Lo aveva affermato Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, medico, botanico, astrologo svizzero nato nel 1493 (un anno dopo la scoperta dell’America: il mondo stava cambiando…) che aveva poi sostituito il suo bel nome altisonante con Paracelso o Paracelsus  in onore di Celsus, enciclopedista del I secolo d.C, autore di un noto Trattato di Medicina. Laureato all’Università di Ferrara, è considerato fondatore della iatrochimica, la scienza che applica la chimica alla terapia medica, e quindi precursore della farmacologia.

Bene: tutta questa lunga digressione per chiarire che le  modalità di difesa sopra descritte non hanno nulla a che vedere con la vaccinazione.

Dovevano passare almeno altri due secoli, prima di arrivare alla  vaccinazione vera e propria, la vaccinazione  Jenneriana.

Edward Jenner    (Berkeley,  1749 – 1823)    medico inglese, ebbe modo di osservare e studiare una delle malattie più gravi e diffuse, ai suoi tempi: The Speckled Monster (il Mostro maculato)

Il vaiolo

il vaiolo (infezione virale, da Orthopoxvirus, ma allora non si sapeva) di cui egli stesso aveva sofferto nell’adolescenza, evidentemente nella forma più lieve, da variola minor, mentre chi era colpito da variola vera o emorragica facilmente ne moriva, o ne restava gravemente segnato. Intorno al 1720, per combattere il vaiolo era stata introdotta anche in Inghilterra la pratica della variolazione, soprattutto ad opera di Lady Mary Wortley Montague, moglie dell’ambasciatore britannico a Costantinopoli, che l’aveva vista applicare durante il suo soggiorno in quel Paese.

Lady Mary Wortley Montague

Si trattava di un metodo di origine molto antica, che cercava di proteggere dalla malattia inoculando, nel soggetto sano, del materiale prelevato da lesioni vaiolose o dalle croste di pazienti non gravi, in modo da indurre una forma di malattia più leggera, che portasse alla guarigione e alla immunizzazione: ma non funzionava sempre, sembra ci fosse una percentuale di insuccessi del 30%. E inoltre, durante questo processo, il malato era contagioso.

Ai tempi di Jenner, era ormai ben noto che anche gli animali – in particolare i bovini – potevano essere colpiti da una malattia simile al vaiolo umano, ma più lieve, detta cowpox: se chi mungeva le vacche affette dalla eruzione pustolosa cowpox contraeva l’infezione, presentava solo una modesta sintomatologia, ne guariva presto, e sfuggiva poi al vaiolo o smallpox.

“I cannot take smallpox, because I have had cowpox”  erano soliti ripetere i contadini, e fu questa affermazione che portò Edward Jenner all’ipotesi che non solo il vaiolo vaccino potesse proteggere dal vaiolo umano, ma che potesse anche essere trasferito da una persona all’altra come meccanismo di protezione.

Così, quando gli si presentò l’occasione di provare dal vivo la sua teoria, egli non esitò a coglierla, e abbiamo tutti i dettagli dell’esperimento:

siamo nella primavera del 1796

Sarah Nelmes, una mungitrice che ha una eruzione cutanea vescicolosa e pustolosa su una mano, gli conferma che la sua mucca Blossom, di razza Gloucester, ha sofferto recentemente di cowpox: il dottor Jenner decide   di provare a trasferire  l’infezione su qualcuno che non abbia sicuramente mai avuto il vaiolo, e così  il 14 maggio procede sul piccolo James Phipps, di 8 anni, figlio del suo giardiniere: gli pratica alcune incisioni sul braccio, e vi introduce il materiale estratto da una pustola della mano di Sarah

(nota di attualità, ai tempi di chi scrive: diritti del  fanciullo ?… tutela dell’infanzia ?…)

 
Dopo qualche giorno, il bambino manifesta una forma leggera di cowpox, ma si riprende benissimo in una settimana

  • prima conferma: il cowpox può essere trasmesso da una persona ad un’altra, così come avviene tra una mucca e un umano.

Il passo successivo, molto rischioso, consiste ora nel dimostrare che  il  cowpox protegge James dallo smallpox.

Il 1° luglio si  presenta l’occasione, e Jenner inocula il virus del vaiolo umano a James.

Come aveva pensato, e indubbiamente con suo grande sollievo, non si assiste allo sviluppo della malattia: il bambino è salvo, sta bene, la protezione è acquisita. 

  • seconda conferma: l’inoculazione con l’innocuo cowpox immunizza dal ben più grave smallpox.

Un paio d’anni dopo, Jenner scrisse An Inquiry Into Causes and Effects of the Variolæ Vaccinæ, un’inchiesta contenente 23 casi in cui l’inoculazione del cowpox aveva significato un’immunizzazione contro lo smallpox. In questo documento venne utilizzato per la prima volta il termine virus. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta si iniziò la pratica della vaccinazione di cowpox, che si diffuse ben presto in tutta l’Inghilterra, per poi passarne i confini e ottenere credito e attuazione in tutta Europa. Napoleone lo rese obbligatorio per il suo esercito; nel 1820, il vaccino aveva già fatto il giro di tutto il mondo.

Gli ultimi casi di vaiolo vennero segnalati in Somalia, nel 1977.

Nel 1980, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato la sospensione della pratica routinaria della vaccinazione anti-vaiolosa, e ha dichiarato eradicata questa infezione.

Piccola nota lessicale: con “vaccino” ( = di vacca, dal latino)  si indicava allora il vaiolo delle mandrie, ed era l’equivalente scientifico del gergale cowpox: ma da quel  momento il termine vaccino acquisì un significato universale e venne poi progressivamente usato per indicare    qualsiasi sostanza in grado di produrre immunità e impedire lo sviluppo di una malattia.

Quasi un secolo dopo, in un’altra tappa storica fondamentale nella ricerca di prevenzione e cura delle malattie infettive, Louis Pasteur, chimico e microbiologo francese, individua ed isola il microorganismo responsabile del  carbonchio, che uccide il bestiame, dimostrando in modo definitivo la teoria del contagio, e sperimenta con successo un vaccino contro il carbonchio su 25 pecore, dando così inizio all’era della vaccinazione preventiva nei confronti delle malattie infettive. Egli è però  passato alla storia soprattutto per aver realizzato il vaccino contro la rabbia, terribile malattia virale animale e umana (singolare destino, anche allora il primo esperimento umano si verificò in un bambino: il 6 luglio 1885, gli fu portato il piccolo alsaziano Joseph Meister, di nove anni, che due giorni prima era stato morso da un cane rabido, e presentava 14 ferite sul corpo. Glielo portò la madre, disperata, perché quelle ferite significavano morte certa, e sarebbe stata morte tra spasimi atroci. Pasteur procedette allora con la vaccinazione tramite “coltura attenuata”, procedura non semplice né leggera per il bambino, 13 iniezioni in 10 giorni, e lo salvò).




Pasteur non era un medico, praticare direttamente le inoculazioni lo avrebbe reso oggetto di forte critica da parte della comunità scientifica; chiese quindi al medico Jean-Baptiste Jupille di effettuare le iniezioni, sotto la sua supervisione

Joseph Meister resterà per sempre legato al suo salvatore; studierà e diventerà collaboratore dell’Istituto Pasteur, fondato a Parigi nel 1888

Seguiranno poi tutti gli altri vaccini progressivamente individuati e attuati, contro malattie flagello dell’umanità, dalla tubercolosi al tetano alla  poliomielite e molte altre ancora… fino ai giorni nostri, fino ai

Vaccini anti-Covid

Come già detto, la ricerca di un vaccino contro il SARS-CoV-2 è stata subito vissuta come urgente e inderogabile, e quando la sequenza genetica del virus è diventata disponibile, all’inizio di gennaio 2020, si è avviata a una velocità senza precedenti: già nel settembre 2020 c’era segnalazione di ben 180 vaccini a varie fasi di sviluppo, anche se non tutti questi studi verranno completati e andranno a buon fine (ad esempio, il 25 gennaio 2021 proprio l’Istituto Pasteur ha annunciato lo stop allo sviluppo del suo principale progetto di vaccino contro il Covid-19, in partnership con il gruppo Merck MSD, poiché i primi test hanno mostrato minor efficacia di quanto si sperasse).

Fra i primi ad ottenere l’approvazione all’uso da parte della FDA (l’ente governativo statunitense di sorveglianza e regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) sono stati due vaccini a mRNA, Pfizer- BioNTech e Moderna COVID-19, successivamente autorizzati in Europa il 21 dicembre 2020 (Pfizer), e il 6 gennaio 2021 (Moderna).

I virus SARS-CoV-2 utilizzano una proteina  denominata Spike per entrare nelle cellule: questi vaccini cercano di indurre una risposta, per impedire al virus di riprodursi, utilizzando molecole di Acido Ribonucleico messaggero (mRNA) che istruiscono le  cellule, senza modificarne il patrimonio genetico,  entrando nella catena di montaggio affinché costruiscano copie della  proteina stessa.  Tale processo stimolerà la produzione di anticorpi specifici: quindi, se l’individuo vaccinato sarà esposto al contagio virale, scatterà la risposta del sistema immunitario che riconoscerà il virus e sarà pronto a combatterlo.

I vaccini a mRNA fanno sintetizzare la proteina direttamente dalle cellule del muscolo in cui vengono iniettati,  e questo ha permesso di accelerare il loro uso, non essendo necessarie tutte le verifiche di purezza come quando si introduce una proteina prodotta esternamente.

Entrambi i vaccini che stiamo considerando sono formulati con nanoparticelle lipidiche e modificati con nucleosidi che codificano per la glicoproteina S; per quanto concerne eccipienti e additivi, hanno una composizione molto semplice, per cui il rischio allergico è veramente ridotto. I tappi delle fiale non contengono latice naturale di gomma,  per  non costituire controindicazione all’uso nei soggetti allergici al latice; inoltre, non contengono uova o gelatina. Teorica, ma possibile, è l’allergia al suo componente polietilenglicole (PEG);  e anche una eventuale allergia al polisorbato viene considerata motivo di allarme, perché questa sostanza può dare una reazione di allergia crociata con il suddetto PEG.

(…mi permetto una nota di spiegazione su questo punto che può sembrare oscuro, vago, e anche allarmante:  in realtà, è uno dei tanti  avvertimenti “dovuti” nelle note di presentazione di un farmaco. Se esiste una possibilità di reazione avversa, l’utente deve saperlo. Il legislatore si assume l’incarico di segnalarlo, deve sempre poter affermare “io te lo avevo detto…”: per chiarezza, e anche per difesa, nel timore di accuse e ritorsioni successive a eventuali danni correlabili all’uso del farmaco stesso, o, in questo caso, del vaccino.

Il PEG è una sostanza universalmente nota e di uso diffuso, nella vita quotidiana, in gel, unguenti, emulsioni… ma anche in sciroppi,  compresse, e nel confezionamento di alimenti. E’ inoltre usato nelle pitture ad acqua, nell’industria ceramica, in operazioni di formazione dei metalli. Uno dei suoi impieghi più particolari e affascinanti, ad iniziare dagli anni sessanta del secolo scorso, è stato come consolidante dei reperti lignei archeologici trovati sott’acqua (sic!): e mi riferisco in particolare a quell’opera straordinaria che è stato il recupero del Vascello Vasa, a Stoccolma. Il vascello era affondato nel porto di Stoccolma il giorno stesso del varo, il 10 agosto 1628. Dopo essere rimasto oltre tre secoli sott’acqua è stato ripescato nel 1961 e sottoposto al restauro. Il Museo Vasa, che lo ospita, venne inaugurato nel giugno 1990.

Il Vascello Vasa, ristrutturato con il PEG

I Polisorbati sono degli emulsionanti di uso alimentare, cosmetico, farmaceutico. Sono dei copolimeri che si ottengono da sorbitolo e ossido di etilene: ricordo che il sorbitolo si ricava dal Sorbus aucuparia o albero degli uccellatori, ed è usato come dolcificante alimentare con la sigla E420.

Sorbus aucuparia o albero degli uccellatori

Vecchie conoscenze, quindi, direi quasi familiari… Sono stati comunque responsabili – se pur raramente – di orticaria e dermatiti allergiche, ed ecco quindi giustificato il richiamo di attenzione nella segnalazione degli eventuali eventi avversi correlati all’uso dei vaccini sopra descritti.

….e chiusa parentesi).

   Riepilogando, le caratteristiche di questi due vaccini a mRNA sembrano promettenti per un buon risultato, a basso rischio. La difficoltà pratica più evidente ha sempre riguardato la loro conservazione, che comporta l’uso di basse temperature (fra i -80 e i -60 ° C, anche se osservazioni più recenti sembrano dare la possibilità di conservarli a temperature più elevate);

funzionano con due dosi, per iniezione intramuscolare, a distanza di 21-28 giorni l’una dall’altra

non sono consigliati  per soggetti di età inferiore ai 16 anni (Pfizer) e 18 anni (Moderna)

sono nuovi: non possiamo evidentemente conoscerne ora gli  eventuali effetti a medio e a lungo termine (2 – 5 anni);

è confermata la protezione dalla malattia grave (efficacia intorno al 95%) ma ci vorrà più tempo per capire se i soggetti vaccinati possono comportarsi come asintomatici a bassa carica, potenzialmente infettivi, anche se meno degli attuali asintomatici naturali: di conseguenza, chi è stato vaccinato può esporsi a rischio infezione e promiscuità, ma deve continuare a portare la mascherina per non infettare altri.

   Segnalazione di risposta cutanea ai vaccini anti-Covid

Ma dopo aver  concluso che il rischio allergico con i vaccini a mRNA sembra piuttosto basso… è doveroso citare un comportamento reattivo al vaccino Moderna: già il 17 dicembre 2020, la FDA segnalava – nell’ambito della sperimentazione di tale vaccino – tre casi di reattività cutanea in pazienti con pregresso impianto di filler di Acido ialuronico, a fine estetico. Il primo paziente aveva effettuato il trattamento sei mesi prima, il secondo due settimane prima di sottoporsi al vaccino, il terzo aveva una storia di trattamenti con filler in periodi non precisati e aveva riscontrato  la medesima reazione  anche in precedenza, con il vaccino anti-influenzale

In tutt’e tre i casi, il segnale di reazione consisteva in edema localizzato nella sede di iniezione del filler, 1-2 giorni dopo la vaccinazione: la FDA conclude che “è possibile che l’edema localizzato in questi casi sia dovuto ad una reazione infiammatoria da interazione tra la risposta immunitaria dopo vaccinazione ed il filler dermico”.

Le manifestazioni cutanee si sono risolte rapidamente, e senza esiti, con terapia cortisonica locale e antistaminica sistemica.

Niente di grave, dunque, e la presenza di filler non costituisce controindicazione al vaccino, comporta però la raccomandazione di informarne i pazienti e di non effettuare le iniezioni estetiche in concomitanza o a ridosso delle pratiche vaccinali.

Il vaccino Astra-Zeneca/Università di Oxford (ChAdOx1 nCoV-19 o AZD1222)

   Dopo i primi vaccini a mRNA che abbiamo visto, è arrivato quello di AstraZeneca e Università di Oxford, con la pubblicazione dei suoi dati su efficacia e sicurezza già ai primi di dicembre 2020 su The Lancet.

A fine dicembre il Governo britannico ne ha concesso l’autorizzazione  in emergenza per l’uso in Gran Bretagna.

 A fine gennaio 2021 l’EMA (European Medicines Agency) lo ha approvato, e dal febbraio ’21 si sta effettuando anche in Italia:

è indicato nella fascia di età 18 – 65 anni;  (ma il 18 febbraio 2021 l’EMA scrive: COVID-19 Vaccine AstraZeneca is a vaccine for preventing coronavirus disease 2019 (COVID-19) in people aged 18 years and older);

presenta una buona stabilità, che non richiede temperature eccessivamente basse per la conservazione e il trasporto;  

previste due dosi, per iniezione intramuscolare, ad un intervallo di 10 – 12 settimane.

L’efficacia sembra essere un po’ meno alta, rispetto ai vaccini a mRNA: in uno studio si attesta intorno al 70%, ma sale al  90% nei partecipanti che hanno ricevuto soltanto mezza dose alla prima somministrazione, e una seconda dose piena ( e questo comportamento apparentemente poco coerente è oggetto di studio).

AstraZeneca/Oxford è del tutto diverso dai vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna: lo scopo è sempre quello di indurre una risposta immunitaria contro la famosa proteina Spike, ma qui si tratta di un vaccino a vettore virale, ed è stato usato come vettore l’Adenovirus degli scimpanzé ChAdOx1  (Chimpanzee Adenovirus Oxford 1), un virus responsabile del raffreddore  comune in questi animali. (La stessa tecnologia del primo vaccino approvato contro il virus Ebola alla fine del 2019, l’unico disponibile, fino ad oggi,  basato su un vettore virale; sono in corso studi per applicarla contro il virus HIV e il virus Zika).

In pratica, in cosa consiste questa tecnologia?

Una versione indebolita dell’adenovirus degli scimpanzè (incapace di replicarsi e innocua per l’organismo umano) nella quale è stato inserito il materiale genetico della proteina Spike, viene utilizzata come vettore ovvero come tramite per introdurre nelle cellule umane il materiale genetico della proteina Spike, quella che permette al virus SARS-CoV-2 di innescare l’infezione responsabile di COVID-19.(da un’intervista al dottor Michele Lagioia, Direttore Medico Sanitario di Humanitas)

Ecco, questa è la metodica da seguire! Non so voi, ma io resto sempre disorientata, confusa e direi quasi mortificata davanti a questi discorsi… Se ne parla come fosse una ricetta di cucina, adesso che son tanto di moda gli chef che spiegano come preparare piatti elaborati e raffinati facendoli sembrare semplici e realizzabili da tutti, del tipo: “svuotate i pomodori,  farciteli con il ripieno e passateli al forno”…

E allora: “si prende il materiale genetico della proteina Spike, lo si inserisce nell’Adenovirus dello scimpanzé…”.

Semplice, vero?

Mah! E comunque, è vero che lo sanno fare.

Altri vaccini?

   Certamente arriveranno proposte nuove, si è in attesa di vaccini che siano efficaci con una sola iniezione, e risulta che siano già in via di approvazione.

La complessa macchina della vaccinazione si è comunque messa in moto in buona parte del mondo, e procede più o meno speditamente, tra speranze, incertezze, slanci di ottimismo e nicchie di rifiuto, con inevitabili risvolti commerciali e qualche intoppo organizzativo… Ma è  pur sempre un percorso positivo, una via in più: si muove lungo un tracciato aperto oltre due secoli fa e, accanto alle procedure terapeutiche che si stanno continuamente affinando nel trattare la malattia conclamata, può darci una buona possibilità di prevenzione per affrancarci presto anche  da questa lunga pandemia.

4 pensieri su “ancora CoViD-19

  1. Super dottoressa… vedo che non si è fatta prendere dalla noia ed è rimasta attiva con la scrittura!!!Ora spero che prossimamente possa riprendere a viaggiare…lo spero vivamente per tutti noi🤗🤗🤗 Buona giornata🌞

    Cristina Tulissi

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    1. Grazie del gentile commento: super rapido! avevo ritirato la prima stesura per correggere un errore e poi ho riproposto l’articolo, ma lei mi ha battuto sul tempo. Grazie ancora, e condivido la speranza di libertà. Con viva cordialità
      Marisa De Carli

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  2. Cara Marisa, ho letto con gusto questo tuo delizioso articolo. Ti paragono anche io agli chef stellati in quanto sai condire ottime materie prime (le preziose informazioni scientifiche che hai dato) con spezie profumate (storia della medicina, e non solo).
    E che dire della mise en place? Eccellente! Il tuo modo di scrivere incanta sempre.
    Nell’attesa di nuove pietanze, ti saluto con affetto.
    Lara🌿

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    1. Grazie Lara, bella e lusinghiera la tua analogia con l’alta cucina!
      Cercare di prepararmi e di documentarmi è certamente un mio modo di procedere, quando scrivo, e diventa un riempitivo, uno stimolo gratificante, un incentivo per allargare la visuale (ma sapessi poi che lavoro di cesoie, che chirurgia, per obbligarmi a togliere il ridondante e il superfluo, nel timore di disperdermi troppo e di sovraccaricare la pagina…)
      Ecco, mi accorgo che è proprio quello che sto facendo adesso. Mi fermo qui. E ti ringrazio ancora, veramente.
      Ciao, a presto!
      Marisa

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